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25 Aprile 1945

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  In questa mia foto, l’attore, doppiatore e regista teatrale, Gualtiero Scola, insieme all’attrice Valeria Ferrario, il 25 aprile 2012, di fronte al Piccolo Teatro di Milano hanno intrattenuto un gruppo di “resistenti” con la lettura di esaltanti cronache di quel periodo storico che pose fine al nazi-fascimo in Italia. Alle spalle dell’attore, una targa posta nel 1995, ricorda che tra l’8 Settembre 1943 e il 25 Aprile 1945, centinaia di partigiani furono torturati o uccisi proprio all’interno del Piccolo Teatro.

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  Se dovessimo condensare in un flash ciò che ci si ricorda della Resistenza – per chi non ha vissuto in quel periodo – esso potrebbe riassumersi in un Sandro Pertini, con la sua perenne pipa, il quale risalendo ancora una volta le rampe delle scale dell’Arcivescovado di Milano, rievoca per un programma RAI TV – La storia siamo noi – quel pomeriggio del 25 Aprile 1945, quando egli incrocia di sfuggita Benito Mussolini che lascia il palazzo.

  Il partigiano Pertini – che poi diventerà il Presidente della Repubblica più amato dagli Italiani – era andato ad incontrare il Cardinale Alfredo Ildefonso Schuster che mediava la resa dei fascisti ai Partigiani. L’altra immagine che poi si associa rapida alla prima è quella dei corpi di Mussolini e della sua amante Claretta Petacci appesi a testa in giù alle strutture di un rifornimento di benzina di Piazzale Loreto per farli chiaramente distinguere alla folla dei Milanesi che, accalcata, premeva sempre di più, per vedere con i propri occhi la fine del simbolo di quel regime.

  L’anniversario della Liberazione, a distanza di oltre un settantennio, non stimola più interesse nei giovani in quanto, in Italia, a differenza che in Francia, non vi è mai stata una vera e propria Rivoluzione. Ci vengono infatti alla mente i partiti politici francesi che in occasione di un 14 Luglio – e prima dell’attacco terroristico del 7 Gennaio 2015 al settimanale satirico Charlie Hebdo e della successiva strage di Parigi del 13 Novembre 2015 – hanno cantano tutti, dall’estrema sinistra all’estrema destra, la Marsigliese, l’inno della presa della Bastiglia, avvenuta nel 1789, la quale generò poi il moderno Stato Transalpino.

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Senza tregua – La guerra dei GAP
di Giovanni Pesce – Edizioni Feltrinelli, € 9,50 

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Lettura delle ultime pagine del libro

   

  Scendo in strada. È il 25 aprile. C’è gente. Ci sono operai armati, squadre di giovani che corrono verso le caserme abbandonate nella notte dai fascisti. Vogliono anch’essi, questi ragazzi, impugnare un’arma. Il nemico non è ovunque battuto: asserragliato nei fortilizi e nei punti strategici, tenta la fuga su mezzi corazzati.

  Dalla Casa dello Studente, in viale Romagna, sparano. Alcuni giovani tentano di snidarli. Trecento metri piú avanti, in piazza Piola, squadre di operai armati hanno occupato la Olap, la loro fabbrica e sono pronti a difenderla dalla distruzione.

  Finalmente mi sento in un mondo pieno, completo, vivo. Io che per mesi senza fine ho lottato con piccoli gruppi di tenaci patrioti; io che per mesi mi sono mosso come un’ombra, isolato, senza contatti se non quelli (tanto rari e fuggevoli da sembrare irreali) con esponenti del comando regionale, con le staffette o con pochi altri compagni della brigata; io, in mezzo a tutta questa gente, a questi operai, a questi giovani, a queste donne mi sento come immerso in un grande mare di affetto.

  Fino a ieri ho camminato nelle strade di questa grande città considerando i passanti potenziali nemici, dubitando di tutti, sospettando di ognuno. Oggi, confuso in questa folla amica, è come se uscissi da un incubo. Mi accorgo che le case sono belle case, che le strade sono ampie e che sopra di me c’è il cielo. Mi sorprendo a pensare cose come queste e mi fermo davanti al portone della Olap. C’è un gruppo di operai, tutti hanno un fucile.

  Un uomo dà alcuni ordini. Mi fermo ad osservarlo. Mi vede e mi chiede chi sono. Parlo, finalmente parlo. “Sono Visone, comandante del 3° Gap.” L’uomo rimane qualche secondo senza parlare, poi all’improvviso mi abbraccia, mi afferra per le gambe e mi rialza tenendomi in alto, sopra gli altri, e grida. Tutti capiscono che sono un amico, che sono un partigiano. Adesso gridano tutti e quando l’uomo finalmente mi rimette a terra, mi abbracciano in due, in tre alla volta. Torna un poco di calma. Sto per andarmene. Vogliono darmi una scorta. Un quarto d’ora dopo, in via Ampere, mi incontro con gli artefici e i dirigenti della Lotta di Liberazione. È un grande giorno. È il grande giorno.

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   A Milano, come da tradizione, ogni anno, in mattinata, attorno alle lapidi affisse nei vari punti della metropoli dove caddero partigiani e civili insorti, si rievocano gli eventi del 25 Aprile 1945. Poi, alle 14, un corteo parte da via Palestro, per dirigersi verso Piazza Duomo dove si tengono i discorsi finali su quella fase storica. Da leggere – in occasione della commemorazione del 2024 – uno stringato ma illuminante testo dello scrittore Antonio Scurati, subito però censurato dal “nuovo corso” che si palesa sempre più evidente sui palinsesti del servizio pubblico RAI.

  Da alcuni anni la Brigata Ebraica – che ha sempre partecipato alla manifestazione in ricordo del contributo dei loro storici aderenti alla Lotta di Liberazione in Italia, vi viene contestata da gruppi di Palestinesi.

  In effetti, questi ultimi – che sicuramente hanno diritto alla loro testimonianza pubblica per ricordare il loro diritto ad avere un loro Stato in Palestina – non c’entrano per niente con tale evento; basti ricordare che durante la II Guerra Mondiale, il Gran Mufti di Gerusalemme appoggiava il lugubre progetto politico di Hitler sul Mondo intero.